La produzione della “Tarese del Duca” si rifà ad una tradizione molto antica, riscontrata nella campagna senese tra Trequanda e Castelmuzio, ma praticata in pochi ambienti rurali per le caratteristiche e la complessità del lavoro richiesto.
Infatti, per quanto riguarda le caratteristiche, occorre considerare che per ottenere questo pregiatissimo salume, è necessario un maiale di almeno 220 chilogrammi, non certo facile da allevare. Ma una tale mole è indispensabile in quanto la parte interessata dal taglio prevede un pezzo unico composto da schiena, pancia e arista dell’animale, per una superficie che deve essere molto estesa (superiore a quella di un grosso prosciutto) per non perdere gli aromi e la morbidezza.
Poi le difficoltà della lavorazione, che richiede non poche conoscenze per il taglio e una buona dose di esperienza per il trattamento successivo di preparazione alla stagionatura. Tutto deve essere fatto a regola d’arte, prendendosi il tempo necessario, per evitare, sia problemi di conservazione che costringerebbero a buttare via tutto, sia per dare corpo ad un prodotto unico per profumo, sapore e delicatezza.
Evidentemente non erano molti i contadini di un tempo che potevano permettersi un tale impegno, per questo, sebbene largamente conosciuto, questo prelibatissimo prodotto è stato più nella fantasia dei racconti intorno al focolare che sulle tavole della gente comune.
Se la tradizione della “Tarese del Duca” è giunta intatta fino ai giorni nostri, lo si deve alla famiglia Ricci, macellai in questo territorio da tempo immemorabile, che ne continuano la lavorazione, sia pure in piccole, anzi, piccolissime quantità, seguendo due sole regole, ma dalle quale non si può derogare per nessun motivo:
• La produzione può iniziare solo quando è possibile reperire un maiale adatto.
• Ogni fase della lavorazione deve essere portata avanti senza fretta – prendendosi il tempo necessario – indipendentemente dalle “esigenze” di mercato.
No! Nella Tarese del Duca la parte di grasso è fondamentale per il sapore, l'odore, il gusto, la morbidezza.
In ogni caso è bene ricordare che il grasso non fa male se consumato nelle giuste quantità.
Mangiare sì, gustare NO. La Tarese del Duca deve essere assaporata da sola, possibilmente accompagnata da pane casereccio e da un bicchiere di vino buono
Una volta tagliata la Tarese del Duca si conserva perfettamente, senza perdere le ben note caratteristiche, per almeno 60 giorni (usando le accortezze che si riservano ai salumi in generale)… ma non ci risulta che qualcuno sia riuscito a farla durare per così tanto tempo
“T” = Tutto naturale
…come nella tradizione contadina della “Toscana”
Due fette di pane casereccio non riescono a contenere una normale “fettina” di Tarese del Duca: – uno spettacolo estetico naturale, che può essere personalizzato con una leggera spolverata di pepe nero, macinato al momento, secondo le esigenze del proprio gusto. Ovviamente altri interventi personali sono possibili, ancorché caldamente sconsigliati
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Si racconta che, nelle serate intorno al focolare, capitava che qualcuno si vantasse di sapere che cos'era la Tarese del Duca.
– Una sera l'ho vista mangiare… – Diceva. E tutti lo stavano ad ascoltare, ben sapendo che non era vero.
Poi le “Veglie intorno al fuoco” sono finite, e della Tarese del Duca nessuno ne ha più sentito parlare… fino ad oggi.